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ANTROPOLOGIA - La conoscenza nel mondo

 È a certe cose differenze nel modo di comunicare o di classificare la realtà che circonda gli esseri umani che possono essere fatte risalire alcune diversità nelle convenzioni  del mondo studiato dall’antropologia. Tutti gli esseri umani sono più o meno dotati delle stesse capacità sensoriali e intellettuali e, se vi sono differenze tra loro, queste si manifestano all'interno di tutte le culture e non tra le culture.


I primi europei che si accostavano a quelli che una volta erano chiamati popoli primitivi, erano colpiti dal fatto che molti di loro avessero sistemi di numerazione che non superavano poche unità. In seguito li stupì anche l'assenza, presso molti popoli, di un concetto astratto di spazio e di tempo. Quando i contatti con queste popolazioni si erano ormai fatti più frequenti, i primi etnografi segnalarono anche che i «primitivi» sembravano interessati alla flora e alla fauna del loro ambiente, ma solo in relazione alle specie che consideravano utili. Altre popolazioni avevano solo una parola per indicare tutte le piante; molte di queste segnalazioni tuttavia erano la conseguenza di osservazioni superficiali, errate o della scarsa conoscenza della lingua di quelle popolazioni.

 Gli Inuit (o eschimesi) studiati dai primi antropologi tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del secolo successivo presentavano un'organizzazione sociale molto semplice e una tecnologia, per quanto straordinariamente efficace, assai elementare anche se efficiente. Essi hanno elaborato una conoscenza molto dettagliata dell'ambiente nel quale sono vissuti per secoli e forse per millenni.


Le ricerche più recenti ci dicono che la scrittura fu sviluppata a partire da alcuni sistemi di calcolo che, col tempo, comportarono la sostituzione di oggetti, come sassolini e semi di piante, oppure di intagli o di stampi impressi nell'argilla aventi una funzione mnemonica, con dei veri e propri segni, ciascuno con un significato corrispondente. La scrittura vera e propria comparve in Mesopotamia, con il popolo dei sumeri, ed è conosciuta come scrittura cuneiforme.    ↘







 La scrittura alfabetica, nella quale a ogni segno corrisponde un suono della lingua, risale invece al XIV secolo a.C. e fu inventata, sembra, dai fenici nella regione dell'attuale Libano.


 Le scoperte compiute da linguisti, antropologi, filologi e studiosi di tradizioni orali hanno portato alla conclusione che gli attuali cantastorie e gli improvvisatori di poesie, anche analfabeti, hanno un modo di recitare simile a quello dei poeti-cantori dell'antichità (aedi) e de griot (cantastorie dell'Africa subsahariana). Per trasmettersi i testi da loro recitati, i cantastorie, i griot e figure simili preferiscono infatti mantenere un metodo orale, affidandosi a tecniche mnemoniche.


 I cantastorie imparano i testi oralmente verso per verso, strofa per strofa, per rendere più facile la memorizzazione li riempiono di formule fisse e di espressioni stereotipate e ripetitive. In questo modo aiutano il recitante a ricordare meglio le catene di eventi che entrano a far parte della storia. L'uso di queste ripetizioni o formule fisse fa sì che i racconti dei cantastorie si allontanino raramente dai modelli prestabiliti, per cui questi ultimi cambiano solo molto lentamente nel tempo.

Tutti gli esseri umani possiedono analoghe potenzialità intellettuali. Vi sono alcune capacità universalmente distribuite in tutti gli esseri umani non colpiti da patologie o disturbi particolari              si tratta di: 

- dell'astrazione: capacità di isolare un aspetto da un complesso di elementi

- della categorizzazione: capacità di raggruppare gli elementi in gruppi o classi

- dell'induzione: capacità di procedere dallo specifico al generale

- della deduzione: capacità di passare dal generale allo specifico

Gli esseri umani non attivano tali processi in un contesto "vuoto", bensì dentro un contesto fatto di modelli culturali condivisi, trasmessi, selezionati, ecc.. 

Si dice pertanto che le capacità universali vengono adattate a diverse strategie funzionali, le quali dipendono da fattori sociali, culturali, psicologici, affettivi ecc. Perché, per esempio, certi test di valutazione del quoziente di intelligenza non sono più considerati attendibili.


Si è arrivati a questa conclusione perché ci si è resi conto che gli individui a cui tali test venivano somministrati rispondevano in base a «strategie funzionali» diverse. 

Tali strategie non solo variano da un contesto culturale all'altro, ma variano anche da soggetto a soggetto all'interno della stessa cultura, a seconda dell’appartenenza a una determinata classe sociale, del livello d'istruzione, quando non di una predisposizione del tutto personale. La diversa reazione a un test interculturale è anche stata fatta risalire a stili cognitivi differenti. 

 Lo stile cognitivo può oscillare, in misura diversa, tra due estremi ideali: uno stile cognitivo globale e uno stile cognitivo articolato. Il primo sarebbe caratterizzato da una disposizione cognitiva che parte dalla totalità del fenomeno considerato per giungere solo successivamente alla particolarità degli elementi di cui si compone.Lo stile articolato sarebbe invece quello che parte dalla considerazione dei singoli elementi dell'esperienza per risalire poi alla totalità.Questa distinzione è stata spesso utilizzata per distinguere lo stile cognitivo dominante nella società euro-americana (articolato) da quello dominante nella maggiore nei a società euro-americani (globale). Ma l'opposizione radiale tra i due stili cognitivi è oramai caduta. Tutti gli esseri umani tendono infatti a comportarsi in maniera ora più globale ora più articolata, e ciò a seconda delle situazioni in cui si trovano ad esercitare la propria attenzione e il proprio ragionamento. 


In assenza di scrittura, le parole non hanno un'esistenza duratura. Esse non sono cioè visibili, bensì solo degli "eventi", nel senso che vengono pronunciate in  un tempo preciso e con esse svaniscano. Gli appartenenti a società fortemente orali costruiscono i loro discorsi e i loro racconti mediante l'uso di clausole e ripetizioni, grazie alle quali riescono a ricordare cose che per un individuo alfabetizzato sono spesso impossibili da ricordare senza l'aiuto di una traccia scritta. Per accentuare la  forza espressiva dei discorsi e dei racconti, questi ultimi sono accompagnati da una gestualità ben precisa

Bronislaw Malinowski sosteneva che presso i Trobriand, tra i quali aveva condotto ricerche negli anni della Prima guerra mondiale, il linguaggio era un modo dell'azione più che del pensiero. Con questo Malinowski voleva dire che in certe culture le parole si caricano di un potere speciale, come se il dire fosse quasi un fare. In certe culture, molte delle quali non sono certo ignare dell'esistenza dell'uso della scrittura, si ritiene che i nomi abbiano un potere sulle cose e sugli esseri umani. 


La diffusione della scrittura ha inciso fortemente sul modo di pensare degli esseri umani. Prima della scrittura, e anche prima che la scrittura si diffondesse in maniera massiccia, le tecniche di conservazione della memoria erano ben diverse. Laddove la scrittura  è assente, l'unico modo per ricordare lunghe sequenze argomentative è pensare per moduli mnemonici, che possono funzionare per un veloce recupero orale: temi, proverbi, scenari, ripetizioni, ecc..

Questo modo di trasmettere la memoria e  le conoscenze si riflette sul tipo di memoria e di conoscenza stessa che viene trasmessa. Un effetto di questo modo di trasmettere la memoria è che esso tende a produrre effetti omeostatici: tende cioè ad eliminare tutto ciò che non ha interesse per il presente. 


L'antropologo inglese Jack Goody ha sostenuto che la scrittura rappresentò una specie di addomesticamento del pensiero. Il poter fissare le parole in un testo scritto comporta la possibilità di immaginare delle alternative a quanto viene affermato nel testo scritto. La scrittura consente, di fatto, di sviluppare un pensiero più ampio di quello legato all'oralità, perchè permette di entrare più rapidamente in contatto con molteplici punti di vista, di confrontarli in maniera sistematica e di elaborare nuove preposizioni a partire da quelle esistenti. La scrittura ci rende capaci di elaborare un linguaggio meno compresso entro i limiti del nostro "piccolo mondo" linguistico, ma assai meno capace di procurarci un punto di vista generale e percepire così          l'ampiezza e la molteplicità dell'esperienza umana. 

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